Mentire al colloquio di lavoro: sì o no? 4 consigli per vendersi al meglio

Sedersi di fronte al selezionatore è un po’ come sostenere un esame all’università. Se ci pensate bene, la persona dall’altra parte della scrivania è lì non solo per attestare le nostre competenze e ascoltare il racconto più o meno impostato del nostro percorso formativo e professionale fino a quel momento, ma anche e soprattutto per indagare le motivazioni sottese alla candidatura, verificare l’attitudine al ruolo da ricoprire, scovare eventuali punti deboli e mettere alla prova la nostra capacità di comunicare trasparenza, serietà e affidabilità.

Per questo motivo è fondamentale presentare con oggettività gli aspetti migliori della propria personalità e i tratti più rilevanti del proprio profilo professionale già in fase di compilazione del Cv, per non rischiare poi di essere miseramente smascherati dal selezionatore durante il colloquio e ‘tornare a casa con un mancato voto sul libretto’.

Eppure a volte può succedere anche il contrario. E, pensate un po’, non è del tutto un male.

Chi di voi nella scrittura del curriculum o della lettera di presentazione – o persino in fase di colloquio – non ha mai detto una bugia, anche piccolissima, a fin di bene? Chi di voi non si è mai proclamato appassionato di moda pur conoscendo appena la differenza tra pantaloni chino e capri? Chi non si è detto disposto ad accettare trasferte o ritmi di lavoro (molto) flessibili pur preferendo di gran lunga una situazione più stabile? Ma soprattutto: chi non ha mai mentito sulla conoscenza della lingua inglese?

Sebbene sia indispensabile essere trasparenti e sinceri sin dal primo momento in cui si invia una candidatura – i recruiter sono ‘addestrati’ anche per far inciampare i propri candidati su domande a trabocchetto – esistono delle bugie dette “a fin di bene”, che non fanno crescere il naso ‘alla Pinocchio’, ma che possono aiutarci a fare una migliore impressione sul nostro interlocutore, a venderci meglio e, magari, ottenere il posto.

Allora quali sono le ‘false verità’ per le quali vale la pena correre il rischio? In questo post vi dimostreremo come mentire può (a volte) aiutare a non cadere nelle trappole tese dall’interlocutore.

Domanda 1
Come valuta la sua ultima (o attuale, ndr) esperienza di lavoro?

Consigli per la risposta
Prima regola del “Fight Club”: presentatevi sempre come delle persone positive. Evitate di parlar male degli impieghi passati o di alludere a esperienze poco piacevoli con i vostri (ex) colleghi o datori di lavoro. Se da un lato gli starete facendo credere che tutto sia andato sempre straordinariamente bene nel vostro lavoro, dall’altro dimostrerete di saper cogliere il meglio da ogni situazione. Anche da quelle che vi hanno fatto penare.

Domanda 2
Successi e fallimenti del suo lavoro.

Consigli per la risposta
Ok, forse fallimento è una parola grossa, ma un errore altrettanto grosso sarebbe mentire spudoratamente dicendo di non averne mai sperimentato uno. Nel caso in cui vi troviate a parlare di progetti che non hanno portato il risultato sperato, di clienti insoddisfatti e difficoltà attraversate, non scaricate mai le colpe sugli altri. Puntate invece sugli accorgimenti, gli strumenti di risoluzione o la strategia di ottimizzazione delle risorse (umane ed economiche) che avete adottato per cercare di arginare le difficoltà e risollevare le sorti del progetto. È la vostra intraprendenza, la vostra pazienza e la vostra capacità di problem solving a dover emergere in queste circostanze; è tutto questo che i recruiter si aspettano di trovare nel candidato ideale.

Domanda 3
Qual è la sua RAL attuale?

Consigli per la risposta
No, non vi stiamo dicendo di mentire sul vostro stipendio annuo lordo. I vostri futuri datori di lavoro potrebbero chiedervi l’ultima busta paga come prova della veridicità di quello che state dicendo. Però potete ‘mentire’ sui benefit: buoni pasto, rimborsi spese, telefono aziendale, convenzioni con esercizi commerciali e palestre, assicurazione sanitaria, corsi di formazione in ufficio, in Italia o all’estero, partecipazione a eventi e seminari di settore.

Domanda 4
Cosa la spinge a cambiare lavoro?

Consigli per la risposta
Sia che rispondiate sinceramente, sia che decidiate di nascondere la verità, le opzioni di risposta a questa domanda sono davvero tante, più o meno polite, per dirla all’inglese. Noi vi consigliamo di scacciare qualsiasi pensiero cattivo su capi e colleghi passati e presenti, preservando la vostra reputazione con un vago e convincente: Sono alla ricerca di nuove sfide e occasioni d’apprendimento sul posto di lavoro. Oppure: Mi piacerebbe rivestire un ruolo di maggiore responsabilità, penso di aver maturato la giusta esperienza per assumere il ruolo di coordinamento di un team. O ancora: Sono stato attratto da un-particolare-della-job-description-o-un-caso-di-successo-della-vostra-azienda. Mi piacerebbe lavorare in un ambiente giovane, dinamico, internazionale e altri-aggettivi-a-caso come il vostro. Il-settore-in-cui-opera-l-azienda è da sempre un settore che mi affascina, vorrei diventarne parte attiva.

Esistono persone che sono state assunte dopo aver mentito sul Cv e altre che, dopo averlo fatto, non sono neppure mai state scoperte.
Quello che dovreste ricordarvi di non fare MAI è mentire sul job title, sulle aziende per le quali avete lavorato, sulla retribuzione e sulla conoscenza dell’inglese. All chickens come home to roost, più o meno! 🙂